RAPPORTO ISTAT 2018: L’ITALIA NELLA RETE
Come ogni anno, l’Istituto Nazionale di Statistica fornisce una panoramica del Paese, sotto il profilo economico, culturale e sociale, con lo scopo di far riflettere sulle trasformazioni e sulle prospettive di sviluppo. La chiave di lettura del Rapporto Istat 2018 è il tema delle reti e delle relazioni socio-economiche. In particolare, la 26° edizione dell’indagine prende in esame le seguenti reti: quelle fra imprese ed imprenditori, quelle nel mondo lavorativo, quelle fra amici e familiari, quelle della conoscenza e della cultura.
Seguendo l’impostazione del report, ci proponiamo di offrire al lettore del Don Orione Italia un’analisi dettagliata mediante singoli articoli settimanali su specifici argomenti.
In questo primo articolo verrà esaminata la situazione del Paese e la prospettiva delle reti.
I successivi, invece, si concentreranno, ognuno, su un determinato focus:
• reti delle persone;
• reti di sostegno;
• reti e lavoro;
• reti e imprese;
• reti e istituzioni (reti metropolitane, reti nella ricerca, reti museali).
Secondo il Rapporto Istat, al 1° gennaio 2018 la popolazione residente si stima intorno a 60,5 milioni di persone, con una diminuzione di quasi 100mila unità rispetto all’anno precedente. La percentuale di popolazione straniera è pari all’8,4% (5,6 mln di persone). Il calo di nascite coinvolge non solo gli abitanti italiani, ma anche quelli stranieri. In generale si registra una decrescita da ben 9 anni e le cause vanno ricercate per ¾ al fatto che molte donne escono dall’età feconda, per la restante parte alla minore propensione a procreare. In aumento l’età in cui si diventa genitori: per le donne l’età media è passata dai 26 anni del 1980 ai 31 del 2016. Dal 2012 scende anche il contributo alle nascite da parte della popolazione straniera.
Come noto, siamo fra i Paesi più “anziani” al Mondo: l’aspettativa di vita nella popolazione femminile è di 85 anni, in quella femminile di 81 anni. In tale quadro (calo natalità, aumento longevità) cresce lo squilibrio demografico, con 168,7 anziani (cittadini over65) ogni 100 giovani (ragazzi fra 0 e 14 anni). In questo primato siamo dietro solo al Giappone.
Ad oggi il saldo migratorio (in decrescita da oltre vent’anni), nell’ultimo biennio mostra una leggera ripresa (+ 184mila nel 2017). In 10 anni (2007-2017) le iscrizioni all’Anagrafe dell’Estero sono scese di quasi 200 mila unità. Più della metà dei nuovi ingressi proviene da Romania, Nigeria, Pakistan, Marocco, Albania, Cina, Bangladesh, Brasile e India, mentre il 13% è rappresentato da italiani rientrati nel Paese. Nello stesso decennio, invece, sono triplicate le emigrazioni oltre confine.
Sul fronte economia, il Pil in volume mostra una crescita dell’1,5 %. La fiducia delle famiglie e la fiducia delle imprese presentano segni positivi. La crescita italiana resta tuttavia minore di quella delle altre maggiori economie Ue. In Italia la crescita del 2017 è dovuta soprattutto alle componenti interne di domanda e, dopo 3 anni di impatto sfavorevole, anche alla componente estera (+0,2 punti).
La componente più vivace della domanda interna è costituita dagli investimenti fissi lordi. L’aumento è determinato in gran parte dagli investimenti per i mezzi di trasporto. In confronto ai principali Paesi europei si osserva una composizione degli investimenti italiani sbilanciata verso quelli materiali rispetto a quelli immateriali. Questi ultimi, che racchiudono le spese in ricerca e sviluppo, software e basi di dati, sono indice essenziale della dinamica della produttività e dunque della competitività e del potenziale di crescita del sistema produttivo nazionale.
Crescono i consumi delle famiglie (+1,4%) e, grazie alla modesta ripresa dell’inflazione, aumenta di poco il loro potere di acquisto (+0,6%).
Le esportazioni di beni e servizi sono aumentate in volume del 5,4%, confermando il crescente livello di competitività delle nostre imprese sui mercati internazionali; le importazioni crescono del 5,3 %.
L’inflazione torna positiva (+1,3%) dopo tre anni di stagnazione. In aumento i prezzi dei beni energetici (+ 4,5%). L’inflazione di fondo resta contenuta (+ 0,8%).
Dando un’occhiata al Mercato del lavoro, la crescita prosegue anche nel primo trimestre del 2018. Nel 2017, si registrano 23 milioni gli occupati, 2,9 milioni i disoccupati e 3 milioni le forze di lavoro potenziali. Sono ben 13 i punti di differenza fra il tasso di occupazione femminile italiano ed europeo. Il Mezzogiorno si conferma fanalino di coda sotto il profilo occupazionale, con 310mila occupati in meno rispetto al 2008.
Dal 2017 l’Italia ha incluso nel bilancio anche alcuni aspetti fondamentali per la qualità di vita, ad integrazione dei tradizionali indicatori sull’andamento dell’economia. L’analisi che ne deriva viene definita BES (Benessere Equo Sostenibile), che consta in una valutazione complessiva dell’interazione tra sviluppo produttivo, condizioni di vita, politiche pubbliche e benessere, equità e sostenibilità.
Gli indici presi in esame sono i seguenti:
• reddito medio disponibile aggiustato pro capite
• indice di disuguaglianza del reddito disponibile
• indice di povertà assoluta
• speranza di vita in buona salute alla nascita
• eccesso di peso
• uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione
• tasso di mancata partecipazione al lavoro
• rapporto tra tasso di occupazione delle donne 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli
• indice di criminalità predatoria
• indice di efficienza della giustizia civile
• emissioni di Co2 e altri gas clima alteranti
• indice di abusivismo edilizio.
Nel 2017, il benessere degli italiani misurato nel Def (Documento di Economia e Finanza) migliora in cinque dei dodici indicatori considerati e retrocede o rimane fermo nei restanti sette. In positivo, si riduce la criminalità predatoria, migliora la partecipazione al mercato del lavoro e diminuisce la durata delle cause civili; in negativo, aumenta la diseguaglianza dei redditi e la povertà assoluta.
Come detto, il Rapporto Istat inserisce tale quadro nella prospettiva delle reti e delle relazioni, fornendo un’ulteriore prospettiva di analisi sulla situazione italiana. L’obiettivo è quello di rispondere a quesiti del tipo: le reti sono un fattore evolutivo? Forniscono un contributo alla resilienza dei soggetti e delle strutture in cui si organizzano? Rappresentano un elemento di protezione, di potenziamento, di sviluppo?
Gli articoli successivi prenderanno in esame tali aspetti, soffermandosi su diverse tematiche. Il presupposto è che ogni cittadino è coinvolto in una molteplicità di sistemi di relazioni e reti di varia natura, a cui prende parte con modi e intensità diverse, anche in base alle differenti fasi della vita, della condizione sociale, della struttura familiare, della situazione reddituale e lavorativa. Si tratta in gran parte di reti informali, fattore che rende ancor più ardua la valutazione. Altre difficoltà nell’analisi sono costituite da: l’importanza attribuita soggettivamente a tali reti; il livello di formalità dei rapporti, l’intensità e la frequenza delle relazioni; il significato emotivo attribuito.