Questione di Stile – La lettera di Padre Tarcisio Vieira, Padre Generale
Padre Tarcisio Vieira, Padre Generale dell’Opera Don Orione, ha scritto una lettera di incoraggiamento per i religiosi a mettere in atto in maniera concreta l’appello di Don Orione, alla luce di quanto emerso nel XV Capitolo Generale.
“Siamo ora nella fase lunga del post-Capitolo – afferma il Direttore generale -, nel periodo in cui il nostro compito più importante è tradurre gli orientamenti e decisioni capitolari in opzioni di vita. Questo significa passare dalla “parole scritte” alle “parole vissute”. Dobbiamo sentire viva “la forza del carisma”, sentire “l’impegno che esso richiede per essere seguaci e familiari di un grande testimone della carità di Cristo”, sentire l’impegno di rendere presente con la nostra vita e la nostra azione, “il fuoco della carità nel mondo di oggi”, come ci ha chiesto Papa Francesco (26/06/2022)“.
Lo “stile orionino” richiesto per “Gettarsi nel fuoco dei tempi nuovi”, secondo il programma capitolare, è quindi lo stile dell’innamorato della Parola di Dio e dell’appassionato per Don Orione e il suo carisma e, a tal proposito, il Direttore generale delinea alcuni orientamenti: 1. Innamorarsi di Dio e della Sua Parola; 2. Appassionarsi di Don Orione e della sua santità; 3. Rinnovarsi in tutto! Perché la nostra consacrazione sia profetica.
Il Capitolo, inoltre, ha proposto quattro dimensioni dello stile di vita consacrata che devono essere rinnovati e rafforzati in vista di una identità di religiosi orionini, fedeli nello stesso tempo al carisma d’origine e all’oggi:
- Vivere le dinamiche comunitarie con uno stile più evangelico;
- Affrontare le nuove povertà con uno stile povero;
- Crescere come Famiglia Carismatica con lo stile della comunione;
- Amministrare i doni della Provvidenza con lo stile della condivisione.
“Lo stile di Don Orione – conclude P. Tarcisio Vieira – è lo stile dei santi, di chi era in contatto abituale con il Signore. Qualcuno ha detto che stare davanti a Don Orione era come stare davanti ad un “tabernacolo vivente”. Il suo stile è stato ben sintetizzato in queste parole:
Fu di statura media, la persona un po’ tozza e curva alle spalle, la fronte spaziosa e segnata da rughe profonde; occhi vivacissimi, in cui il bianco e il nero spiccavano mobili e penetranti, capelli folti e bianchi, andatura grave, volto aperto quasi sempre al sorriso. Soffrì molto, ma tutto seppe sopportare in sacrificio a Dio e tutto nascondere per non far pesare sugli altri il proprio dolore. Non ebbe evidentemente nulla di ciò che serve, ed è talora determinante, per farne un artista, un diplomatico, un gerarca autoritario. Ebbe gli occhi di un fanciullo, la voce di un fratello, le mani di un contadino, il passo sollecito del pastore misericordioso. Nulla, dunque, per farne un uomo celebre, ma quanto bastava per farne un santo” (Mons. Loris F. Capovilla, 07/12/1977; in: Messaggi 39, p. 15).
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