Roma – L’Associazione Religiosa Istituti Socio Sanitari (ARIS) da Papa Francesco
L’Associazione Religiosa Istituti Socio Sanitari (ARIS), a cui aderisce anche l’Opera Don Orione in Italia, è stata ieri accolta in udienza da Papa Francesco.
L’Aris si occupa da oltre cinquant’anni della gestione di strutture socio-sanitarie di ispirazione cristiana, per un’offerta sul territorio nazionale di circa 26.000 posti letto, tra strutture ospedaliere e residenziali, e di circa 10.000 posti per i servizi semi-residenziali e ambulatoriali.
Nel suo discorso al papa, Padre Virginio Bebber, presidente di Aris, ha ricordato il carisma dei fondatori delle realtà socio-sanitarie dell’Aris e di quanti “medici, infermieri, amministrativi che hanno accettato di condividere con noi il carisma delle nostre fondatrici e dei nostri fondatori. E continuano ancor oggi a restare fedeli a quella missione condivsa, pur se i tempi difficili che stiamo attraversando, difficilissimi per noi, richiedono tanti sacrifici“.
Francesco ha poi paragonato queste realtà alla locanda del samaritano e ha espresso il suo apprezzamento “per il bene compiuto in tanti istituti a carattere sanitario presenti in Italia e incoraggio a portarli avanti con la perseveranza e la fantasia della carità, proprie di molti fondatori che ad essi hanno dato vita“.
Il Papa ha poi rivolto un appello alla riscoperta delle radici della sanità cattolica, ispirata dai carismi dei Fondatori, che hanno rivolto il loro sguardo agli emarginati e ai dimenticati: “la vocazione nostra è quella: sulla frontiera del bisogno. Come Chiesa, siamo chiamati a rispondere soprattutto alla domanda di salute dei più poveri, degli esclusi e di quanti, per ragioni di carattere economico o culturale, vedono disattesi i loro bisogni. Questi sono i più importanti per noi, quelli che sono al primo posto della coda: questi.“
Dopo l’invito a rischiare, a domandarsi quali scelte farebbero oggi i Fondatori, il Pontefice ha raccomandato ai presenti al cura integrale dei malati, dicendo che “Nessuno, nessuno deve sentirsi solo nella malattia!“.
E nel saluto finale, Francesco ha ripreso il tema dei carismi fondativi, con l’invito a imitarlo non nei gesti passati, ma “per costruire un presente e futuro in cui annunciare, con la vostra presenza, la vicinanza di Dio ai malati, soprattutto ai più svantaggiati ed emarginati dalla logica del profitto”.