XXIII Domenica del Tempo Ordinario – Amare Cristo è dire che Cristo vale di più
Nel brano del Vangelo di oggi Gesù, che si sta avvicinando a Gerusalemme, pone le condizioni per essere suoi discepoli.
“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo“. Gesù chiede di subordinare tutto al suo amore: chi è stato conquistato dall’amore di Dio sa che tutto, anche gli affetti più cari, ha senso solo in funzione di questo amore. Il discepolo non dice “io sono mio”, ma dice “io sono di Dio”: il suo vivere è come l’acqua, è vivo se scorre, se si dona agli altri.
“Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo“. Gesù si sta avvicinando al dono totale di sè sulla croce ed è lì che il discepolo dovrà seguirlo: dalla povertà di Betlemme alla croce di Gerusalemme.
“chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Si tratta di liberarsi dalla brama di possedere, dall’attaccamento alla ricchezza. L’idolatria della ricchezza rende il cuore arido, è causa di litigi, lotte, divisioni, anche nelle famiglie. La bramosia del denaro, che spesso fa coppia con le eredità, mette sotto i piedi gli affetti più cari.
Seguire Gesù è rinunicare a tutto per lui, è mettere lui al primo posto, è dire al mondo con la propria vita che lui vale di più.