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Le missioni orionine: Ucraina – Missione di Pace

Le missioni orionine: Ucraina – Missione di Pace

Dopo la giornata missionaria orionina, celebrata ieri nelle comunità e parrocchie, scopriamo le missioni orionine di Albania, Romania e Ucraina. La prima è l’Ucraina, che dal 24 febbraio è al centro delle preghiere e delle azioni di sostegno di tutto il mondo.

Abbiamo intervistato Don Moreno Cattelan, sacerdote orionino missionario a L’viv (Leopoli).

Don Moreno, come state vivendo a Leopoli?

La nostra vita nella missione di Kiev come a L’viv è completamente cambiata il giorno 24 febbraio 2022.

Quando verso le 4.30 del mattino ho sentito il tonfo delle bombe cadute sull’aeroporto militare che dista una quindicina di chilometri da casa nostra, non ho avuto dubbi: “Siamo in guerra” mi son detto. A sangue freddo e inconsapevole di quanto stava avvenendo.

Quanto avvenuto in questi incredibili giorni lo sapete bene. L’aggressione da parte della Federazione Russa continua. Con ferocia e determinazione. Precisa e spietata, senza risparmiare nessuno. Nemmeno i bambini o gli ospedali di maternità.

Quali sono ora le vostre attività a Leopoli?

Dentro questa tragedia ci siamo anche noi. Decisi a non lasciare la nostra gente, la nostra posizione, la nostra missione. Ci stiamo prodigando notte e giorno sul fronte della carità. Spinti dall’esempio di San Luigi Orione che sicuramente sarebbe partito da Tortona per essere qui in mezzo ai profughi scappati dal furore delle bombe che li spinge a cercare una via d’uscita.

Lui non c’è ma ci siamo noi e ci sono tanti confratelli che in Italia hanno messo a disposizione le proprie case e il proprio tempo per accogliere quanti scappano. Con loro tutta la famiglia orionina si è mobilitata per far fronte soprattutto all’emergenza profughi.

A L’viv, infatti, operiamo su due direttrici. La prima consiste nell’accoglienza dei profughi mettendo a disposizione una trentina di posti letto riservati in modo particolare alle mamme con bambini piccoli o persone con disabilità. Queste persone si possono fermare da noi tutto il tempo necessario per trovare una nuova sistemazione qui a L’viv o altrove. A chi desidera lasciare il Paese diamo la possibilità di raggiungere uno dei centri di accoglienza che la congregazione ha attivato in Italia. Dal momento che il nostro monastero ha una disposizione particolare (stanze con tre/quattro letti, cucina, refettorio, lavanderia, sala per ritrovo, ecc) non abbiamo avuto bisogno di volontari. Sono infatti gli stessi ospiti che in autogestione provvedono alle necessità gli uni degli altri. Come fossero un’unica grande famiglia colpita da una tragedia comune. Vivendo con noi capiscono che la paura e il trauma subito, soprattutto dai bambini costretti a vivere per giorni nei bunker, si può superare solo stando uniti e dimostrando che la “dinamite” della carità unisce e cambia il cuore e le azioni delle persone. Solo gli animatori dell’oratorio vengono per intrattenere il gruppo dei bambini.

Le scene di migliaia di persone in fuga, che voi vedete alla televisione, noi le vediamo in diretta, ogni giorno, ogni notte quando qualcuno arriva all’improvviso con la disperazione nel volto, la stanchezza di tre/quattro giorni di viaggio. Torna un abbozzo di sorriso ed esprimono il loro grazie grande quando si vedono protetti in una casa dove c’è un letto, un pezzo di pane e altre persone arrivate nelle loro stesse condizioni che l’accolgono e si fanno in quattro per alleviare la paura e il dolore portati assieme alle quattro cose raccolte in fretta e poste nell’ improvvisata valigia.

La guerra allora non ha indurito i cuori delle persone?

La guerra cambia le persone, sta cambiando il volto delle nostre città, sta sconvolgendo il mondo intero. Ma anche tanti gesti di carità e vicinanza cambiamo il cuore delle persone. Creano prossimità e la ricerca di Dio. Quel Dio che più volte al giorno invochiamo per chiedere il dono della pace. “La guerra è una pazzia”, ci ha ricordato Papa Francesco. Quanto stiamo vivendo in prima persona non ha una spiegazione razionale. Assolutamente. La carità sì. La pace sì. La fraternità sì.

“Non dimenticherò mai quello che avete fatto per noi in questi giorni” ci dice una delle mamme in partenza per Foggia. “Spasyba” (grazie).

Che pensieri avete su quelle che accadrà, sulla fine della guerra?

L’esito di questa tragedia non lo sappiamo. Sappiamo solo che saremo chiamati ancora in prima linea ad agire per ricostruire prima “dentro” nelle coscienze lacerate, nel futuro spezzato dei nostri bambini, nell’abbraccio tra mamma e papà che potranno nuovamente tornare a vivere insieme. Nella memoria dei nonni costretti a restare. Quanto sono vere e attuali le parole di don Orione: “Solo la carità salverà il mondo”.

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