Selargius – Quando l’incontro con la sofferenza ti cambia la vita
Lo scorso 16 giugno, Don Giovanni Carollo e Davide Gandini hanno condotto l’ultimo incontro della formazione carismatica a Selargius, ultimo anno del triennio di formazione carismatica provinciale dedicato alla cura “Amare è avere cura”.
Tra le domande per la riflessione e condivisione in gruppo c’era questa: avere cura della propria anima viene a volte confuso con un predicozzo religioso. Sei consapevole che avere cura di sè, prenderti cura della tua anima significa diventare pienamente te stesso, mettendo a frutto i tuoi talenti e cambiando il corso della tua vita?
Ascoltiamo la testimonianza di Marco, un operatore socio sanitario di Selargius, che lavora al Don Orione da 17 anni, dopo un ‘esperienza da obiettore di coscienza: a 18 anni entra in contatto con la sofferenza, quella vera, ribaltando tutte le sue convinzioni. L’Alzheimer non è più una malattia da combattere anche in modo drastico, esistono persone malate, che soffrono, ma la cui vita ha senso anche nel dolore.
“(…) Un secondo ostacolo che oscura la percezione della sacralità della vita umana è una erronea comprensione della “compassione”[31]. Davanti a una sofferenza qualificata come “insopportabile”, si giustifica la fine della vita del paziente in nome della “compassione”. Per non soffrire è meglio morire: è l’eutanasia cosiddetta “compassionevole”. Sarebbe compassionevole aiutare il paziente a morire attraverso l’eutanasia o il suicidio assistito. In realtà, la compassione umana non consiste nel provocare la morte, ma nell’accogliere il malato, nel sostenerlo dentro le difficoltà, nell’offrirgli affetto, attenzione e i mezzi per alleviare la sofferenza (…)“, Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Samaritanus bonus sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita.