II Domenica di Pasqua – Noi, come Tommaso
La seconda domenica di Pasqua è detta Domenica in Albis, perché i battezzati nella notte di Pasqua indossavano una tunica bianca fino appunto alla domenica successiva.
Nel 2000, per volere di Giovanni Paolo II, la domenica è stata anche denominata della Divina Misericordia.
Il Vangelo di oggi si può dividere in quattro parti: nella prima abbiamo l’apparizione di Gesù agli apostoli la sera di Pasqua; nella seconda entra in scena l’apostolo Tommaso con la sua famosa incredulità; nella terza Gesù appare di nuovo e Tommaso fa la professione più alta del Nuovo Testamento; nell’ultima abbiamo la conclusione del Vangelo di Giovanni.
Nel brano il saluto di Gesù “Pace a voi” compare ben cinque volte. Già nel discorso di addio Gesù aveva detto ai suoi “Vi lascio la mia pace”. E ora che è risorto, è tornato per dare la sua pace che è frutto del suo sacrificio. Per Giovanni la presenza di Gesù è la fonte e la realtà della pace.
Molte persone ricordano questo brano per la figura di Tommaso, diventata ormai proverbiale. In fondo ci riconosciamo un po’ tutti in Tommaso: ci sono momenti nella vita in cui la fede nel Signore entra in crisi e non bisogna meravigliarsi. A volte dire sì al Signore non è facile, anche noi come Tommaso vorremmo delle certezze, ma la fede non è una luce che dissipa tutte le nostre tenebre. La fede è lampada che guida nella notte i nostri passi.
In queste notti Tommaso può essere un ottimo compagno di viaggio: anch’egli fatica come tanti di noi, ma Gesù ci attende sempre pazientemente. Al contatto salvifico con le piaghe del risorto Tommaso manifesta le proprie ferite, le proprie piaghe, la propria umiliazione: nel segno dei chiodi trova la prova decisiva che era mato, che era capito. Si trova di fronte un Messia pieno di dolcezza e misericordia, questo era il Messia che cercava.