Chiesa – Il Vescovo e l’unità dei cristiani: Vademecum ecumenico
Venerdì 4 dicembre è stato presentato un documento intitolato “Il Vescovo e l’unità dei cristiani: vademecum ecumenico” alla presenza cdei cardinali Koch, Ouellet, Tagle e Sandri.
Di seguito una sintesi dei loro interventi.
Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani
Venticinque anni dopo l’Enciclica Ut unum sint di Papa Giovanni Paolo II, il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani pubblica un documento molto pratico per i vescovi, un vademecum per aiutarli ad assumere meglio il loro ruolo di guida nella missione ecumenica della Chiesa cattolica.
Questo vademecum non contiene novità particolari se non un richiamo ai principi fondamentali dell’ecumenismo e un incoraggiamento a prendere iniziative concrete a favore dell’unità. Le appendici alla fine del documento forniscono brevi informazioni sullo stato dei rapporti e dei dialoghi istituzionali della Chiesa cattolica con i suoi vari partner, fornendo così un aggiornamento molto interessante.
A volte si sente dire che la causa ecumenica è diventata secondaria nelle priorità della Chiesa a causa dei flussi migratori che creano nuove urgenze per il dialogo interreligioso in ambienti di vita sempre più multiculturali. L’Enciclica Fratelli tutti di papa Francesco riconosce questa realtà ma non relega in secondo piano la causa ecumenica. Infatti, la ricerca dell’unità dei cristiani si fa sempre più urgente proprio a causa di questo nuovo contesto che richiede più coesione tra noi battezzati, per offrire una credibile testimonianza di vita in un ampio dialogo con comunità e partners delle diverse religioni.
I vescovi sono i principali responsabili dell’unità dei cristiani non solo nella loro diocesi ma anche a livello universale come membri del Collegio dei Successori degli Apostoli; in quanto tali, sono corresponsabili con il Papa del compito di riconciliare i cristiani per offrire insieme la testimonianza di unità che il Signore attende dai suoi discepoli (Gv 17, 21). Di qui l’importanza di promuovere in primo luogo la preghiera per questa intenzione, in particolare durante la Settimana di preghiera che si celebra ogni anno in preparazione alla festa liturgica della conversione di San Paolo. Ogni vescovo è tenuto a promuovere questa iniziativa che viene preparata insieme agli altri partner del movimento ecumenico. Uno dei modi per non dimenticarlo è avere un delegato diocesano nominato dal vescovo, un chierico, un religioso o un laico, che mantenga la priorità ecumenica presente nell’animo di tutti e che, a seconda del contesto, coordina le attività con rappresentanti di altre Chiese o comunità ecclesiali.
Il Santo Padre Francesco si sente in dovere di accogliere regolarmente fratelli e sorelle non cattolici per ascoltarli, comprenderli e incoraggiarli sulla via dell’unità; alcuni vescovi hanno questa stessa preoccupazione in misura diversa, ma tutti sono invitati a costruire la loro comunità locale attraverso un atteggiamento positivo, aperto e fraterno verso le altre denominazioni cristiane, indipendentemente dagli atteggiamenti contrari che possiamo incontrare e gli insuccessi che possono spingere a farci rinunciare. Un cattolico non si stanca mai di fare il primo passo verso la riconciliazione, perché la carità che abita in lui lo obbliga a perdonare, a condividere e ad un impegno perseverante. Nelle attuali circostanze della Chiesa e del mondo, chi è che non capisce che il vescovo, come capo della Chiesa, è tenuto a coltivare un autentico atteggiamento ecumenico e ad insegnarlo ai suoi fedeli?
Il Vescovo andrà oltre dando l’esempio della collaborazione con fratelli in imperfetta comunione con la Chiesa cattolica. L’uso delle chiese, la lotta alla povertà, l’esercizio della carità possono essere occasione di scambi fraterni e di condivisione tra le diverse comunità ecclesiali. A volte è anche una buona idea invitare altri ministri a predicare nella propria comunità o ad andare a predicare altrove su invito ben circostanziato. Il vademecum offre molti esempi di possibili iniziative nel rispetto delle norme stabilite dal Direttorio del 1993. Il Vescovo non deve dimenticare soprattutto di curare la formazione ecumenica di seminaristi, novizi e accademici cristiani, in particolare con corsi adeguati che diano il senso e le motivazioni per una sincera ricerca dell’unità dei cristiani.
Ogni conferenza episcopale ha un ruolo importante da svolgere nella formazione delle comunità diocesane e nella loro motivazione. Lo fa assicurandosi che una commissione episcopale o almeno un delegato della conferenza si preoccupi di mantenere presente questa priorità della missione della Chiesa. Ma soprattutto, non dimentichiamo che l’ecumenismo è soprattutto un’impresa spirituale e un’invocazione dello Spirito Santo affinché la grazia di Dio possa ristabilire tra tutti i discepoli di Cristo l’unità per la quale ha versato il suo sangue e ha vinto Dio. morto. Come testimoni del Risorto, la speranza è la nostra forza e la nostra motivazione per andare avanti senza scoraggiarci. Il vademecum offre riflessioni fruttuose e azioni concrete per l’attuazione e l’adempimento di una conversione ecumenica per i vescovi e per tutti.
Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Il Vademecum Ecumenico, pubblicato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, espone, tra l’altro, consigli pratici che possono favorire l’esperienza di vita di comunione tra Oriente e Occidente. Il Vademecum incoraggia lo studio comune, l’approfondimento della conoscenza reciproca, l’ospitalità vicendevole, affinché le Chiese diventino veramente centri di incontro per una comprensione più serena e reale.
Questo documento, indirizzato principalmente ai Pastori delle Chiese, è un’ulteriore affermazione che l’ignoranza dell’Oriente cristiano non è più legittima per noi. Non possiamo fingere di aver dimenticato i fratelli e le sorelle di quelle venerabili Chiese che insieme a noi costituiscono la famiglia dei credenti nel Dio di Gesù Cristo.
Siamo convinti che questa conoscenza sia indispensabile per una comprensione più piena e completa dell’esperienza cristiana e, di conseguenza, per dare una risposta cristiana più completa alle aspettative degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Di fronte alle domande e alle sfide dell’uomo contemporaneo sul senso della vita, siamo chiamati a mostrare con le parole e con i gesti di oggi le immense ricchezze che le nostre Chiese custodiscono negli scrigni delle loro Tradizioni. Per questo, le parole dell’Occidente hanno bisogno delle parole dell’Oriente, così che, nell’unità, la parola di Dio manifesti sempre meglio le sue insondabili ricchezze. L’Occidente ha bisogno dell’Oriente perché sia restituita alla Chiesa di Cristo e al mondo la piena manifestazione della cattolicità ecclesiale.
L’impegno ecumenico dei vescovi è un dovere e un obbligo, come si evince chiaramente dal titolo 18 del Codice dei canoni delle Chiese orientali, “Ecumenismo, cioè promozione dell’unità dei cristiani” (cf. can. 902 CCEO). Tale obbligo è esplicitato anche nei cann. 192 § 2 del CCEO e nell’838 § 3 del CIC. Le Chiese orientali cattoliche hanno un compito speciale in questo campo (cfr OE n. 24), perché s’impegnano a custodire il loro patrimonio rituale comune a quello delle Chiese ortodosse sorelle: per questo il CCEO prevede che in ogni Chiesa sui iuris ci sia una commissione di esperti in ecumenismo, e in ogni eparchia un Consiglio per la promozione del movimento ecumenico (cf. can. 904 §§ 2 e 3 CCEO).
È da questo impegno che il Vademecum offre indicazioni preziosissime, soprattutto nella prospettiva del cammino che le Chiese d’Oriente e d’Occidente devono percorrere insieme alla ricerca dell’unità.
La separazione è un peccato molto grave. Occorre, quindi, compiere nuovi gesti coraggiosi, andando oltre, in un atteggiamento di costante e sincera conversione alla carità. È necessario rivolgere lo sguardo verso tutto ciò che un tempo univa Oriente e Occidente per scrivere una storia di unità: predicazione apostolica, esperienza comune del martirio, convivenza nella diversità, ricerca della comunione anche dopo le divisioni, fino al Vaticano II.
La Chiesa di Roma ha sempre sentito il dovere di promuovere l’unità visibile e permanente di tutte le Chiese. E Papa Francesco, in sintonia con i suoi predecessori, individua i punti principali che devono caratterizzare questa ricerca: assicurare il pieno rispetto della dignità dell’altro; promuovere una vera coscienza dei fedeli e non solo dei vertici; camminare insieme sperimentando nuove strade oltre a quelle già sperimentate.
Importante e, in un certo senso, decisivo è il contributo che può essere dato dalle Chiese orientali cattoliche, la cui autenticità e originalità deve essere riconosciuta sempre più chiaramente. Pensiamo, ad esempio, alla sinodalità, come realtà espressiva e funzionale della Chiesa di Cristo, sacramento di comunione. In sintesi, le indicazioni dottrinali e pastorali di questo Vademecum possono dare agli uomini e alle donne di oggi una ulteriore ragione solida per credere e per attendere la grazia della piena e visibile comunione tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente.
Card. Luis Antonio G. Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
A nome della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, desidero ringraziare e congratularmi con il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e con i suoi collaboratori per la pubblicazione di un Vademecum Ecumenico per i Vescovi. Sicuramente comunicheremo questo Vademecum ai Vescovi delle Chiese locali che sono strettamente legate alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (CEP). Consentitemi di evidenziare alcuni aspetti del Vademecum rilevanti per il lavoro del CEP e di condividere le nostre esperienze che convalidano alcuni punti sollevati dal Vademecum. La mia presentazione è lungi dall’essere esaustiva.
In primo luogo, è positivo che in molte sezioni del Vademecum il ministero di unità del Vescovo sia raffigurato come un servizio all’identità e alla missione della Chiesa. San Papa Paolo VI una volta disse che la natura o l’identità della Chiesa è missionaria. La missione dell’evangelizzazione è l’annuncio di Gesù che è la Buona Novella attraverso la predicazione della Parola di Dio, la preghiera, la testimonianza di una vita personale di santità, il servizio della carità e la testimonianza della comunità. Nei luoghi in cui i cristiani sono una minoranza e dove i cristiani battezzati si stanno allontanando dalla Chiesa, la mancanza di unità tra i seguaci di Gesù, a volte manifestata pubblicamente come animosità reciproca, mina l’evangelizzazione e oscura la persona di Gesù.
I non cristiani sono confusi. Quanti Cristi ci sono? La domanda di San Paolo in I Corinzi 1,13 è ancora rilevante: “Cristo è stato diviso in parti?” Gesù stesso disse: “Padre, prego che siano uno in noi affinché il mondo possa credere che tu mi hai mandato” (Giovanni 17,21). La fede in Gesù è una grazia dello Spirito Santo ma è evocata e nutrita quando i suoi seguaci sono uniti in Lui. In alcuni luoghi, i non cristiani non conoscono la distinzione tra luterani, presbiteriani, anglicani, ortodossi, cattolici e così via. Ma la loro brutta esperienza con un cristiano ferisce il volto di Cristo e tutti i cristiani. Mentre una buona esperienza con un cristiano porta all’apertura a Cristo e alla comunità cristiana. Apprezziamo il richiamo al paragrafo 34 del Vademecum che nella nostra missio ad gentes, i missionari cristiani non dovrebbero trapiantare le loro divisioni originarie in nuovi territori. Mantenendo la differenza tra dialogo interreligioso e dialogo ecumenico, come giustamente affermato al paragrafo 40, è triste notare che nell’esperienza di alcuni Vescovi a volte è più facile dialogare con leader e seguaci di religioni non cristiane che con quelli di Comunità non cattoliche.
In secondo luogo, il Vademecum afferma che l’impegno ecumenico del Vescovo richiede che sia una persona di dialogo. Per il nostro Dicastero, questa è una chiamata a esplorare ulteriormente il dialogo come modalità di evangelizzazione. Poiché la Chiesa locale è soggetto di evangelizzazione, tutti i battezzati, gli operatori pastorali, gli educatori, i catechisti, i religiosi e le religiose e i chierici hanno bisogno di una formazione al dialogo come modalità di evangelizzazione. Il Vescovo deve assicurarsi che nella diocesi siano disponibili spazi per il dialogo pastorale e missionario. Deve trovare un meccanismo attraverso il quale la ricchezza dell’insegnamento della Chiesa, degli accordi e delle esperienze nel dialogo ecumenico sia condivisa e accolta dai diversi settori dei fedeli. Tutta la Parte 2 del Vademecum apre ai fedeli e ai pastori tutta una serie di possibilità di coinvolgimento nel dialogo ecumenico.
In terzo luogo, nella formazione dei vescovi di nuova nomina e nella formazione permanente dei vescovi, potrebbe essere necessario includere seminari o sessioni pratiche su come gestire o manovrare le differenze e conflitti e come promuovere la guarigione della memoria e il perdono. I diversi tipi di dialogo saranno produttivi solo se fatti nel contesto di amicizie umane, incontri umani. L’amicizia forgiata dai Vescovi con i leader e i membri delle comunità non cattoliche aiuta a eliminare i pregiudizi. Le buone relazioni che coltiviamo ora saranno in seguito le memorie positive che guariranno le ferite del passato.