Bergamo – Una lettera per il Padre Provinciale
Dopo le belle testimonianze di Don Barsanti e di Don Conti, possiamo leggere la pagina che ci ha regalato Don Pietro Vazzoler, missionario in Madagascar per 36 anni. Nella capitale, Antananarivo, ha aperto la prima comunità orionina.
Nella foto di copertina, vediamo al centro il padre generale padre Tarcisio Vieira il 12 marzo 2018, giorno della costituzione della Delegazione “Maria Regina del Madagascar”: alla sua destra don Pietro Vazzoler, alla sua sinistra don Agostino Casarin, i primi due missionari orionini in Madagascar.
Carissimo P. Provinciale Don Aurelio,
sono rimasto contento nel ricevere la tua lettera, nel sentire che il Consiglio provinciale non ci ha abbandonati, noi della terza età, rimasti senza nessuna attività. Prima dei trasferimenti dell’estate scorsa e del Coronavirus mi davo da fare con i nostri assistiti. Portavo loro la Comunione e la sacra Unzione, condividendo l’impegno apostolico con Don Andrea Curreli e Don Claudio Casertano di venerata memoria. Facevo recitare il santo Rosario ogni pomeriggio nei reparti. Con i cambiamenti nelle Case e con l’arrivo della pandemia tutto è cambiato per noi anziani. Partecipo agli atti della comunità: la preghiera, la riunione comunitaria e la mensa.
Sono entrato in Congregazione nell’ottobre del 1953, proveniente dal seminario diocesano di Pordenone che ho lasciato dopo il terzo anno perché ero sempre ammalato. Quando sono migliorato, il mio parroco, su mia richiesta, si è interessato presso qualche Congregazione religiosa per essere accettato. La Congregazione di Don Orione ha risposto positivamente. Era Provinciale, allora, Don Giuseppe Dutto. Avevo 18 anni.
Entrato in seminario a Campocroce, mi ha accolto Don Massimo Garbin, direttore, il quale mi presentò al formatore e al gruppo di seminaristi. Ero contento di essere stato accolto e mi sono sentito come in famiglia. In comunità ero il più anziano e anche alto di statura. Ho ripreso la scuola in seconda media. Ho iniziato questo cammino con il desiderio di diventare sacerdote. Ho trovato varie difficoltà, specialmente a scuola, con il timore di non farcela. Sono sempre stato incoraggiato dai superiori perché vedevano in me tanta buona volontà, non solo nella scuola, ma anche nelle altre attività del seminario. La vita di Don Orione che i superiori raccontavano mi ha entusiasmato a conoscerlo sempre di più. Sono ancora molto acerbo nella conoscenza di Don Orione. Nel 1969, insieme ad altri otto, sono stato ordinato sacerdote. L’anno scorso ho festeggiato il 50° di sacerdozio.
Dopo sei anni di ministero sacerdotale qui in Italia, i superiori mi chiesero se mi sentivo di andare in missione. In verità la loro richiesta corrispondeva al desiderio che avevo sentito in me fin dai primi anni: diventare missionario. Avevo allora quarantun anni.
Sono stato inviato in Madagascar insieme a Don Agostino Casarin, accompagnati dal Superiore generale Don Ignazio Terzi per iniziare la missione orionina in quel paese dove ho lavorato per trentasei anni. Il padre gesuita che ci ha donato la missione è rimasto con noi un anno per avviarci. In quel tempo siamo andati a scuola per imparare la lingua malgascia che è la cosa più importante per trattare con la gente. Ora la missione si è estesa grazie all’evangelizzazione dei confratelli che sono arrivati negli anni successivi. Sono stato costretto a lasciare la missione a motivo della malaria che mi provocava forti febbri, difficili da eliminare, nonostante le cure.
Da otto anni mi trovo al Centro Don Orione di Bergamo. Avevo allora settantasette anni. Dopo le cure per la malaria mi sono capitati altri mali che ho dovuto curare in ospedale. Quando mi sono sentito in forza, con Don Andrea ho assistito spiritualmente gli anziani. Celebravamo la Messa dandoci il cambio ogni settimana per presenziare con un breve pensiero sul Vangelo. Così facevamo anche la domenica, alternandoci con il direttore Don Ugo Dei Cas. Ora questo tempo è passato e sono rimasto senza attività. La mia giornata è la camera, la chiesa e la mensa. Cerco di tenermi occupato senza perdere tempo, specie in questo periodo di Avvento.
Caro Don Aurelio, sono povero di parole e termino con un fraterno saluto.
Don Pietro Vazzoler