Solennità di tutti i Santi – Beati noi, chiamati a splendere come Cristo
Per questa Solennità la Liturgia ci propone il brano delle Beatitudini nella redazione di Matteo.
Le Beatitudini non solo danno l’avvio al primo grande discorso di Gesù, ma sono anche l’ouverture di tutto il Vangelo di Matteo e la Magna Charta del cristiano. In esse c’è l’identikit del discepolo di Gesù.
Il brano è molto conosciuto, con il rischio di abituarsi ad ascoltarlo e non cogliere la bellezza e l’attualità del testo.
Se sono la nostra carta di identità, le Beatitudini ci stimolano sempre ad una verifica, ad un esame di coscienza, ad una revisione di vita. Le Beatitudini sorprendono, interrogano, provocano, spiazzano.
Sono una rottura con il modo comune di vedere le cose: è veramente beato chi è nel pianto? E’ davvero beato chi è mite in un mondo in cui il lupo di turno ti divora con faclità, arroganza e prepotenza? Sono beati i perseguitati a causa della giustizia? Beati quando si viene insulati o perseguitati? Beati quando si è oggetti di spudorata menzogna? Beati cioè felici, fortunati non sono forse quelli che hanno tanti soldi potere e beni di ogni tipo?
Le Beatitudini richiedono una conversione continua a cominciare dall’idea che ci siamo fatti di Dio. Le Beatitudini sono un paradosso perché in fondo la logica di Dio è paradossale: Dio si rivela in Gesù e muore sulla croce dopo essere stato villipeso, sbeffeggiato, colpito; Dio sceglie il grembo di una semplice ragazza, non di una principessa. Occorre entrare in quel paradosso che è la spoliazione di Dio, che in Gesù che si è fatto vicino a tutti prediligendo gli ultimi, i poveri, i disprezzati.
Ecco perché le persone che vengono elecate nelle Beatitudini sono beate: non perché soffrono, ma perchè Dio sta con loro. Le Beatitutdini indicano un’altra strada per essere veramente felici, non quella dell’egoismo, il più terribile nemico della nostra vita.