Per combattere la solitudine, per non perdere la tenerezza.
Marco Geddes da Filicaia, medico e autore di diverse pubblicazioni, ha scritto una lettera alla Rivista on line SOSSanità.
In questa lettra, Geddes da Filicaia espone le proprie riflessioni su un tema emerso prepotentemente durante la pandemia: la solitudine.
In molte testimonianze, dagli infermieri degli ospedali agli operatori delle RSA, emerge la sofferenza di chi è “isolato” a causa della malattia e perde i contatti con famiglia e amici.
L’esigenza di contenere il virus e non lasciarlo entrare nei luoghi dove vivono persone fragili pone un dilemma morale: qual è il male minore? La prevenzione o l’isolamento? Rischiare di contrarre il virus o perdere gli affetti?
Il medico sottolinea che “è un dovere morale affrontare questo problema” e propone alcuni suggerimenti:
• Favorire il colloquio diretto fra parenti e ospiti nelle residenze sanitarie, predisponendo spazi adeguatamente compartimentati, in cui la relazione visiva e vocale sia pienamente assicurata.
• Organizzare, nei casi in cui elementi affettivi e sanitari (pensiamo in particolare a situazione di aggravamento, a fasi terminali) lo richiedano, la presenza della persona cara adeguatamente istruita ed equipaggiata.
• Sviluppare sistemi di collegamento visivo e uditivo dimensionalmente ed ergonomicamente appropriati a persone allettate e anziane, al fine di facilitare la continuità di rapporti con l’esterno.
• Predisporre, in caso di decesso di persona sola, adeguate procedure per conservare la salma per un periodo congruo e per attivare contestualmente le opportune ricerche al fine di rintracciare i parenti prima di procedere a sepoltura o incenerimento.