Giornata del Migrante – Come Gesù Cristo costretti a fuggire
Il 27 settembre si celebra la Giornata Mondiale del Migrante, quest’anno dedicata dal Papa agli sfollati interni, in costante aumento a causa delle conflittualità e delle emergenze umanitarie, aggravate dagli sconvolgimenti climatici.
Nel suo messaggio il Papa parla di un dramma spesso invisibile, esasperato dalla crisi mondiale causata dalla pandemia da Covid-19.
Sul piano internazionale, sono considerati sfollati interni coloro che hanno abbandonato la propria casa per ragioni simili a quelle dei rifugiati, tuttavia il loro status non consente una protezione da parte degli organismi internazionali e la loro salvaguardia è rimessa all’arbitrio del governo di appartenenza, che a volte è la causa stessa della loro condizione.
Non esistendo un mandato generale finalizzato alla loro assistenza, la maggior parte degli sfollati non riceve protezione o soccorso internazionale, anche se l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite da qualche tempo va progressivamente estendendo forme di tutela e sostegno anche a questa categoria di migranti. Tuttavia, gli sfollati interni rimangono, attualmente, tra le persone più vulnerabili al mondo.
Nel suo messaggio dal titolo: “Come Gesù Cristo costretti a fuggire: accogliere, proteggere, programmare, integrare gli sfollati interni”, Papa Francesco ancora una volta, richiama all’attenzione del mondo la condizione di coloro che sono in fuga da fame, guerre, siccità e vagano alla disperata ricerca di una via di sopravvivenza.
“Quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri”, denuncia il messaggio: “Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”. Partendo dall’immagine biblica della fuga in Egitto, il messaggio fa emergere i milioni di famiglie in cammino verso mete incerte e confuse.
Risuonano all’interno del messaggio gli echi della fuga in Egitto, in cui “Gesù sperimenta, assieme ai suoi genitori, la tragica condizione di sfollato e profugo segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19-23)” una condizione condivisa con l’antico progenitore Abramo, che insieme alla sua famiglia vaga tra Canaan e l’Egitto alla ricerca di una patria.
“Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà”. Per questo il Papa, ripartendo dalle quattro azioni indicate nel messaggio 2018: accogliere, proteggere, promuovere, integrare invita a porre in essere comportamenti proattivi attraverso sei coppie di verbi, congiunti da uno stretto nesso causale e volti a costruire una relazione solidale con il prossimo. In tal modo, il Papa, traccia un itinerario di consapevolezza per arrivare a capire che, in tema di migranti, è indispensabile imparare ad accettarne la presenza attraverso un processo di riconoscimento dell’individualità di ciascuno, in cui riconoscere il volto del proprio simile. Ancora una volta l’appello del papa è di “imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno”.
Nel suo discorso, il pontefice ricorda come la pandemia abbia accomunato tutti nella medesima condizione di pericolo: “Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo”. Per poi ammonire: “Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone”. Il messaggio chiude con un appello esplicito: “Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”.
Quindi, un dovere di collaborazione solidale per la costruzione di un tempo nuovo in grado di trasformare il futuro dell’umanità.