L’viv – L’emergenza Covid-19 in Ucraina
Don Moreno Cattelan, sacerdote orionino missionario, prima del lockdown è tornato a L’viv da Kiev, città dove si trovava per l’avvio di una nuova realtà orionina missionaria.
Di seguito riportiamo la sua testimonianza su questi mesi di pandemia.
Lockdown è la minacciosa parola inglese che in questi primi mesi del 2020 abbiamo imparato a conoscere e con la quale continuiamo a convivere. L’abbiamo sperimentata anche noi qui in Ucraina a partire dalla fine del mese di marzo, quando i casi di COVID-19, aumentando di giorno in giorno, hanno determinato il blocco di alcune attività e l’isolamento tra le persone.
Da Kiev siamo rientrati a L’viv già a metà marzo prevedendo che la situazione sarebbe peggiorata di giorno in giorno e, comunque, in vista del lockdown, annunciato a breve, dal Presidente. In questi due mesi c’è stato da noi un aumento progressivo (lieve rispetto ad altri paesi europei) sia delle persone risultate positive, dei ricoverati in terapia intensiva come dei decessi. Ciò ha determinato il fatto che la “fase 1” non è stata restrittiva come per esempio in Italia o in altri paesi dove il contagio ha coinvolto miglia di persone. Il blocco di attività e l’isolamento sociale quasi non si percepiva.
Nella nostra realtà (parrocchia, oratorio, monastero, Casa-Cafarnao per disabili) abbiamo comunque adottato un regime molto ristretto. Nella parrocchia sono continuate le funzioni religiose rispettando le regole imposte: non più di dieci persone all’interno della chiesa; distanza di due metri; partecipazione libera all’esterno dell’edificio (cosa che comunque qui si fa regolarmente); rispetto delle classiche norme sanitarie anti Covid-19. Nel monastero e a Casa-Cafarnao abbiamo vietato l’ingresso a qualsiasi persona; parenti, amici, personale, assistenti, volontari. Questo per salvaguardare soprattutto i nostri 8 amici di Casa-Cafarnao; persone più vulnerabili e quindi maggiormente soggette al contagio.
Nel monastero la presenza dei nostri seminaristi ha supplito alla mancanza del personale per cui tutte le incombenze della casa e l’assistenza agli amici disabili sono state svolte puntualmente, alternando i momenti di lezione online e lo studio personale con il lavoro manuale, la cucina, la lavanderia e il riassetto giornaliero degli ambienti. Attualmente gli studenti di filosofia stanno dando gli esami di fine anno. Anche gli altri due studenti della scuola superiore stanno facendo uno il test conclusivo e l’altro si sta preparando per l’esame di maturità, che inizierà a metà giugno. Questo periodo ha determinato una maggiore collaborazione e responsabilità da parte di tutti. Si è così rinsaldato lo spirito di famiglia che contraddistingue le nostre comunità.
Spirito che si è maggiormente rinsaldato con il coinvolgimento dei nostri amici disabili da quando hanno iniziato a partecipare alle funzioni religiose che si svolgevano nella cappellina del nostro monastero. Con loro abbiamo vissuto anche alcuni momenti conviviali: soprattutto durante le feste di Pasqua o in occasione del compleanno di alcuni di loro.
La vicinanza quotidiana (24h/24) ha permesso a tutti di sperimentare quella carità “diretta” che nonostante l’isolamento con l’esterno ha rinsaldato i nostri vincoli interni. Certo stanno lamentando un po’ la mancanza dei loro assistenti e degli altri amici/che che frequentano il laboratorio occupazionale diurno. Un’amicizia e una relazione che nessun mezzo, per quanto sofisticato, può donare e tanto meno sostituire.
Il servizio caritas ha continuato la sua opera di aiuto intensificando non solo la distribuzione di generi alimentari, ma anche fornendo del materiale per l’igiene e altro, onde superare questo momento particolare, in particolare per tante persone che vivono in situazioni precarie e alcuni senza fissa dimora.
Così abbiamo potuto ospitare Yurij, un signore anziano che trovandosi senza tetto a causa della chiusura del centro che saltuariamente l’ospitava per la notte, aveva iniziato a dormire sotto gli alberi nella zona sportiva del nostro oratorio. Siamo riusciti a liberare un piccolo box nei pressi della costruzione della nuova chiesa che non veniva utilizzato. Così il nostro amico ha iniziato a dormire (ed abitare) in questo rifugio provvisorio. Ci stiamo interessando con le competenti autorità comunali per una sistemazione in qualche struttura appropriata ma tutto è bloccato per le cause che conosciamo.
Insomma se da un lato c’è stato il rispetto della distanza “fisica” ciò non ha impedito che si allargasse il divario della distanza “sociale” con i nostri amici di Casa-Cafarnao e i nostri poveri.
A giorni inizierà la “fase 2”, in maniera progressiva. Studieremo un piano di ripresa della nostra vita ordinaria: parrocchia, personale, assistenti e attività di Casa-Cafarnao, seminaristi, iniziative estive ecc…e non ultimo il nostro ritorno a Kiev! Insomma ce n’è abbastanza per stilare un nostro “DPCM” interno! Le norme comuni, la nostra consapevolezza, determinazione e lungimiranza ci indicheranno, con l’aiuto della Divina Provvidenza, la nuova via da seguire.
Ave Maria e avanti!