VI Domenica del Tempo Ordinario – Una Legge che non si accontenta del minimo
Dopo aver detto che i discepoli devono essere luce del mondo e sale della terra, Gesù parla del compimento della legge e della nuova giustizia, che deve superare quella degli scribi e dei farisei.
La liturgia ci propone quattro delle sei antitesi, pronunciate da Gesù con la formula “Avete inteso che fu detto…. Ma io vi dico…”. Gesù richiama alcuni testi che toccano alcuni punti della Legge: non ucciderai, non commetterai adulterio, non giurerai il falso.
Ci troviamo davanti ad una continuità, perché Gesù è venuto non ad abolire, ma a dare pieno compimento alla Legge, tuttavia ci troviamo davanti anche a delle rotture introdotte dal “ma io vi dico”.
Come conciliare queste affermazioni di Gesù, apparentemente contrastanti? Cosa vuol dire che la giustizia dei discepoli deve superare quella degli scribi e dei farisei? In cosa consiste la superiorità della legge cristiana?
Giustizia è una parola tipica del Vangelo di Matteo, indica la docile sottomissione alla volontà di Dio, la vita giusta, santa.
Gesù non è venuto per abolire i Comandamenti, ma per farci scopire la pienezza della Legge: gli esempi che egli fa sono tutti esempi di pienezza, contro un’interpretazione legalistica di un certo giudaismo. Non basta limitarsi a non uccidere, perché ci sono infiniti modi di uccidere e tanti modi di ferire e ledere il fratello; non si deve misurare l’atto morale dell’adulterio sul gesto esterno soltanto, ma misurarlo nella profondità della coscienza.
Le parole di Gesù sono molto esigenti, perché vanno in profondità, toccano la verità che sta nel cuore dell’uomo, quella verità che possiamo nascondere agli altri, ma non a noi stessi, ci spingono a non vivere al minimo, ma a vivere in pienezza la legge dell’amore.