Montebello della Battaglia – Organizzare l’identità carismatica
Seconda giornata del convegno che vede riuniti a Montebello della Battaglia direttori e operatori delle case di carità orionine.
Quali sono le sfide che oggi affrontano queste opere, nate da un carisma come quello di Don Orione?
Ha provato a rispondere alla domanda Padre Carmine Arice, superiore generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza, la congregazione fondata da san Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Questi due grandi santi sociali hanno camminato entrambi sulla strada del servizio ai poveri, agli ultimi e ora le opere nate dai loro carismai rischiano di essere sopraffatte da logiche di gestione più che da spinte profetiche. “Il carisma non è un pezzo da museo” dice Papa Francesco, perché non vive nei muri e nelle strutture, ma nelle persone che agiscono con grande consapevolezza del senso del loro agire. Affinchè le opere conservino questa identità profetica, di annuncio di un Amore più grande, è necessario che chi vi opera non si senta più solo un collaboratore, ma un corresponsabile della trasmissione del carisma.
“Cosa farebbe don Orione oggi?”: è questa la domanda di senso che deve guidare le azioni quotidiane dell’infermiere, dell’operatore sanitario, del medico, del sacerdote, della segretaria, del contabile, di tutti coloro che con il loro contributo rendono vivo il carisma.
Don Davide Milani, prevosto di Lecco, già responsabile della comunicazione dell’Arcidiocesi di Milano, ha presentato la comunicazione come strumento per rendere vivo il carisma, per annunciare il vangelo attraverso il carisma.
La comunicazione, usando un immagine del Vangelo di Matteo, è come una città posta su un monte: quando è notte, con le sue luci indica la direzione, orienta il percorso. Come il sale, la comunicazione dà sapore, ovvero, se abbiamo chiara la nostra identità ci permette di trasmettere i nostri valori. Solo così, dice il Vangelo di Matteo, “vedranno le vostre opere buone e renderanno gloria al Padre”.
Dopo gli spunti della mattinata, i partecipanti si sono confrontati in quattro workshop, per tradurre in comportamenti e buone prassi gli stimoli ricevuti.
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