XXX domenica del tempo ordinario – Ridonaci la vista
Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire: così terminava il Vangelo di Domenica scorsa.
A questo punto Marco informa che Gesù ed i discepoli, nel loro cammino verso Gerusalmemme, sono arrivati a Gerico e, nel lasciare la città, incontrano un cieco. Anche Matteo e Luca raccontano questo episodio: mettendo in sinossi i tre brani, ci si accorge che il racconto di marco è più vivace e arricchito di alcuni particolari.
Fin dall’inizio del racconto, marco si concentra sulla figura del cieco: ci dice il nome del protagonista, Bartimeo, figlio di Timeo, e l’annota l’esortazione della gente “Coraggio, alzati! Ti chiama!”. Solo Marco descrive con un’immagine vivida la reazione del cieco e la sua invocazione in aramaico.
Per l’evangelista il cieco diventa il simbolo del discepolo che segue Gesù: il modello da imitare è lui, non i discepoli. I discepoli sono i veri ciechi, che non hanno ancora compreso la missione di Gesù e non hanno di meglio a cui pensare se non ai primi posti. Bartimeo era cieco, ora ci vede. Era seduto, ora segue Gesù. La potenza di Dio lo ha trasformato, ma a due condizioni: la preghiera, “Gesù abbi pietà di me!”, e la fede, “Va’, la tua fede ti ha salvato”. Bartimeo “vede” Gesù prima di essere guarito e si alza per andare da lui.
Il primo miracolo compiuto da Gesù è stato la liberazione di un indemoniato nella sinagoga di Cafarnao, l’ultimo la guarigione del cieco a Gerico: non dono due gesti casuali. Illustrano, dice il biblista Bruno Maggioni, la vittoria di Gesù sulle due forze ostili che ostacolano la sua presenza tra gli uomini: il Maligno e la cecità degli uomini. C’è sempre un cieco dentro di noi, avvolto dal buio del dubbio e dalla durezza di cuore, che sta perennemente seduto prigioniero della propria arroganza: allora bisogna ripetere spesso, Rabbunì, ridonami la vista!