Montebello della Battaglia – All’eremo di Sant’Alberto
Ultimo giorno del percorso sulle orme di Don Orione: seguendo i suoi itinerari, il gruppo, approfittando di una luminosa giornata primaverile, si è recato all’Eremo di Sant’Alberto di Butrio.
I pellegrini sono stati accolti da Fra Ivan, che li ha guidati tra le bellezze delle mura antiche dell’abbazia alla scoperta della vita dell’eremita San’Alberto, per poi narare la storia più recente di Frate Ave Maria, eremita cieco, figlio di Don Orione, vissuto a Sant’Alberto dal 1920 fino alla morte nel 1964, dichiarato venerabile.
Fra Ivan ha mostrato come una vita apparentemente sacrificata e sfortunata come quella di Frate Ave Maria, rimasto cieco a 12 anni, sia diventata un esempio di gioia e di luce: nella preghiera da rivolgere all’eremita si recita infatti “ti ringraziamo di aver chiamato Frate Ave Maria alla luminosa notte di una vita tutta spesa, in penitenza e gioiosa preghiera, per indicare agli sfiduciati le mirabili certezze della fede.” Quando arrivò all’eremo Frate Ave Maria disse: “Qui manca tutto, ma non ci manca niente per farci santi”.
Nel contesto ritirato e spirituale dell’eremo, Don Felice Bruno, consigliere delegato alle missioni, ha presentato le attività orionine in Africa, Ucraina, Filippine, India, per citare solo alcuni dei 31 paesi in cui è presente l’Opera.
Dopo il pranzo, sono ripresi i lavori a Villa Lomellini, guidati da Roberto Franchini, che ha fatto sperimentare ai partecipanti un lavoro di gruppo sugli indicatori del bilancio di missione.
E il momento della partenza e dei saluti si può considerare un buon indicatore della carismaticità del corso: sorrisi, saluti, appuntamenti, scambio di contatti e di ringraziamenti. Ora chi ha vissuto questa esperienza e ha sentito sulla pelle di essere parte di una famiglia un po’ “strana”, come lo era Don Orione, ha il compito di portare nella realtà dove vive e lavora un po’ della gioia, dell’entusiasmo e del calore che ha sentito.