Albania – Un passato eroico e un futuro pieno di speranza
Vi presentiamo il saluto del Direttore provinciale rivolto ai partecipanti al Simposio ecumenico del 19 ottobre scorso ad Elbasan, in occasione del 25° anniversario degli orionini in Albania.
Gentili autorità civili e religiose,
Pregiatissimi fratelli di altre confessioni e religioni,
Carissimi confratelli e amici,
Mi unisco volentieri a tutti voi che partecipate al 25° anniversario della presenza orionina in Albania. Se confrontati con la storia cristiana del vostro Paese, 25 anni sono veramente poca cosa, ma, nel microcosmo della storia orionina, si tratta di un traguardo significativo, dove la carità di Don Orione si è espressa con iniziative di bene. Infatti, nei primi anni dopo la caduta del regime, i religiosi della Piccola Opera si sono distinti nell’ambito della carità con gesti in favore degli ultimi, come il fondatore ha loro insegnato. Di conseguenza, ricordare la storia orionina in Albania significa celebrare un rendimento di grazie a Dio che ha reso più bella la Congregazione e apprezzata per le sue opere. Ricordare oggi questa storia di bene “è indispensabile per tenere viva l’identità, così come per rinsaldare l’unità della famiglia religiosa” (Francesco, A tutti i Consacrati,1).
In verità gli orionini erano giunti una prima volta nel Paese delle Aquile a metà degli anni trenta, rispondendo positivamente all’invito, più volte reiterato, del Cardinale Fumasoni Biondi, Prefetto della Congregazione di “Propaganda fide”. Nemmeno 10 anni dopo, nel 1943, essi dirigevano un orfanotrofio maschile di 100 alunni a Scutari, un’azienda agricola a Bushati, una scuola professionale e la chiesa di san Paolo a Durazzo, una parrocchia a Zoimeni, un incipiente Piccolo Cottolengo a Tirana e un piccolo seminario nella “casa Ceka” presso Scutari. Ben 24 religiosi lavoravano in queste comunità, guidati da Don Sante Gemelli.
Le violenze della guerra e del regime comunista, pur volendo sopprimere ogni segno di umanità e di fede, non sono riuscite nel loro intento per cui, dopo il lungo inverno, la primavera è tornata e gli orionini sono giunti a Elbasan per collaborare alla riedificazione non di case e strade, ma della coscienza e della fede, abbruttite da un regime disumano. In quel contesto difficile, sono giunti i primi missionari, armati di generosità, di fede e di una certa ingenuità, preziosa amica per superare tante difficoltà.
Alcuni religiosi “della prima ora” sono tornati in Italia, mentre altri sono giunti in un secondo momento. Solo Don Giuseppe De Guglielmo è protagonista in prima persona di questa lunga storia che egli ha vissuto per intero. Per questa ragione, la festa del 25° che ha il sapore più di un nuovo inizio che di un traguardo raggiunto, si trasforma in un ringraziamento profondo dell’intera Provincia religiosa a questo confratello che ha annunciato il Vangelo, ha promosso iniziative per i giovani, ha “combattuto la buona battaglia” (2Tim 4,7) della fedeltà in una nazione dove ha dato il meglio della propria esperienza umana, cristiana e sacerdotale.
La ricorrenza dei 25 anni è anzitutto occasione per guardare il passato con gratitudine; infatti, dopo il pronto soccorso dei primi anni, la presenza degli orionini si è consolidata con le due parrocchie di Elbasan e di Bardhaj, l’oratorio, le stazioni missionarie e le tante attività di bene verso i giovani, specie i corsi professionali. Ma la più grande opera di Dio, segno della sua benedizione, sono i tre confratelli Don Dorian, Don Pavlin e il ch. Dritan. Essi sono il segno più grande che il carisma di san Luigi Orione si è ormai radicato nei cuori degli albanesi.
La rilettura sapienziale del passato mette in risalto la fedeltà di Dio che si è manifestata come misericordia. Attraverso di essa, Egli ha reso visibile la sua onnipotenza, come dice una delle collette più antiche del Messale Romano: “O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono” (XXVI Domenica del Tempo ordinario). Per manifestarci la sua presenza, il Signore ha scelto non un’idea astratta, ma un atteggiamento reale, concreto, un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono.
La celebrazione del 25° suggerisce alcune conversioni.
“Al di sopra di tutto vi sia la carità che è il vincolo di perfezione” (Col 3,15), raccomandava l’apostolo Paolo ai Colossesi. Anche oggi, questa è la prima testimonianza, specie in una società come la nostra che si caratterizza per lo scontro, la difficile convivenza tra le culture, la sopraffazione sui più deboli, le disuguaglianze. Questa è la prima forma di fedeltà al progetto di Dio, la più necessaria, quella che garantirà il successo del futuro apostolato.
La seconda conversione consiste nel rimanere fedeli alla missione che ci è stata affidata. I nostri ministeri, le nostre opere, le nostre presenze, rispondono a quanto lo Spirito ha chiesto? Sono adeguate a perseguirne la finalità nella società e nella Chiesa di oggi? C’è qualcosa che dobbiamo cambiare? In altre parole, la ricorrenza del 25° è un interrogativo per chiederci se forse, dopo un primo periodo di eroismo, non si intravvedono già le crepe di una pastorale ripetitiva che fatica a rispondere ai bisogni del popolo. C’è tanto bisogno di sacerdoti, religiosi, operatori pastorali che sappiano portare in ogni ambiente, anche il più lontano, il profumo della carità di Cristo e la misericordia di Dio a tutti, indistintamente. Così raccomandava Papa Francesco ai PP. Capitolari della Congregazione orionina.
Infine, la terza conversione, consiste nel guardare al futuro con iniziative concrete che aprano il cuore all’ottimismo. Non a caso, la ricorrenza che stiamo celebrando, si inserisce nel progetto pastorale provinciale dal tema: “Guardiamo il futuro con concretezza ed ottimismo: le 14 opere di misericordia”. Credo che sia giunto il momento di attuare in modo nuovo le parole di Don Orione: “cercare e medicare le piaghe del popolo, curarne le infermità, andargli incontro nel morale e nel materiale: in questo modo la vostra azione sarà non solamente efficace, ma profondamente cristiana e salvatrice” (Scritti 61,114). In altre parole siamo chiamati a lenire le ferite della solitudine, della discordia, della vendetta… “con l’olio della consolazione, a fasciarle con la misericordia e a curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza (Francesco, Misericordiae Vultus,15). Quante persone vivono al nostro fianco bisognose di essere accolte, medicate, ascoltate e custodite. Non è giunto, quindi, il tempo di pensare a qualche segno di facile realizzazione che vada in questo senso?
Carissimi, mentre auguro ai miei confratelli e a tutti voi di festeggiare fra venticinque anni, con lo stesso entusiasmo odierno, il 50° della presenza orionina in Albania, chiedo per tutti al Signore “il coraggio del bene” e la perseveranza nell’attuarlo.
Don Aurelio Fusi
(Direttore Provinciale)