La cultura dell’incontro
Oltre 5 milioni di persone di cittadinanza non italiana che strutturalmente vivono in Italia, da più o meno anni, nel mentre si affronta il recente fenomeno dei richiedenti asilo e rifugiati, cresciuto a livello numerico in questo momento e con maggiore urgenza di risoluzione in un quadro di mobilità europea e nazionale.
L’Italia è molto di più di questa recente storia di migranti forzati e bisogna darne atto per rispetto della verità e dell’impegno di tante strutture che oggi come in passato, dedicano professionalità e responsabilità al dialogo costante e arricchente con la diversità, sensibilizzando la società civile e creando continui e fruttuosi ponti di scambio.
A questi luoghi di incontro è dedicato quest’anno il XXV Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes: luoghi in cui viene a manifestarsi, non senza vecchie e nuove difficoltà o sopite e nuovamente accese polemiche, il contatto tra italiani e immigrati, un noi e un voi che dovrebbe essere superato nella certezza di una “società delle culture”.
Lo stesso slogan “cultura dell’incontro” è scelto in una prospettiva che guarda lontano oltre l’interculturalità – termine oggi di cui si è fatto più abuso che uso – e finanche oltre il più recente termine di transculturalità, nella certezza che solo ponendo al centro della riflessione l’uomo, non come individuo singolo, ma in dialogo con l’altro, sia possibile creare la società civile del domani, quella che è in grado di “integrare, dialogare e generare” – riprendendo le parole illuminanti di Papa Francesco – ovvero di essere dinamica nella promozione di un’accoglienza non solo geografica ma soprattutto culturale nell’assoluta certezza che “il tutto è più delle parti, e anche della loro semplice somma”.
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