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Frate Ave Maria, un cieco che ci vedeva

Frate Ave Maria, un cieco che ci vedeva

Oggi, 21 gennaio, ricorre l’anniversario della morte di Frate Ave Maria, eremita cieco della Divina Provvidenza, uno dei santi della Famiglia orionina più cari e rappresentativi. E’ il suo dies natalis, giorno di festa spirituale.

Frate Ave Maria non aveva gli occhi, ma ci vedeva molto bene. Viveva isolato, su nell’eremo dell’alta Val Staffora, a Sant’Alberto di Butrio (Pavia), ed era in stretto contatto con Dio, nella preghiera, e con gente d’ogni tipo, nella preghiera, e con qualche parola detta o scritta. Sembrava un vinto dalla vita ed era un “cieco felice”. Oggi è venerato come un santo. Giovanni Paolo II, nel 1997, ha promulgato il Decreto di riconoscimento delle virtù eroiche di Frate Ave Maria, l’eremita cieco della Piccola Opera della Divina Provvidenza fondata dal beato Don Luigi Orione.

Vogliamo ricordare l’incontro decisivo con Don Orione con queste righe:
Don Luigi Orione è un sacerdote piemontese, molto noto e in fama di santità, fondatore di una Famiglia religiosa, la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Suor Teresa, che faceva da madre a Cesare Pisano (questo il suo nome e cognome), pensa proprio a Don Orione perché conosce una comunità di suore Sacramentine cieche adoratrici da lui istituite, e sa dell’esistenza anche di un ramo di Eremiti. Forse c’è un posto pure per Cesare.
L’incontro tanto desiderato avviene. Ne seguono altri. Le parole di conforto di Don Orione sono appassionate e concrete, radicate in una illimitata fiducia nella Divina Provvidenza. “Questo poveretto – ricorda di sé Frate Ave Maria – fu da Don Orione spinto alla conquista delle ricchezze eterne, della vera luce, della sapienza divina che, lasciandolo disperato (graziosa disperazione), gli riempì il cuore di gioconda e luminosa speranza e certezza nella possibilità e facilità di conseguire anche lui la vera felicità nella vera vita immortale, a cui ogni cuore umano aspira e si sente attratto”.
L’idea di Cesare di consacrarsi a Dio, diventa con l’aiuto di Don Orione decisione e progetto, così entra nella sua Congregazione.
“Il 18 marzo 1920 (aveva 20 anni!) la Piccola Opera della Divina Provvidenza mi apriva la porta”. Accompagnato dal papà, raggiunge la ‘casa madre’ della Piccola Opera a Tortona. Don Orione non è presente quando egli giunge a Tortona, ma tutto parla di lui: i confratelli, gli ambienti, gli orari, le abitudini, gli esercizi di pietà. Sente che da tutti Don Orione è grandemente amato e seguito con la fiducia di chi sà di avere trovato una guida sicura, un padre dell’anima. Ricordando quel caldo clima formativo incontrato a Tortona, commenterà: “Tutto ciò agiva su mio spirito come un potente fuoco di carboni su un pezzetto di legno verde che in esso è gettato, che al principio suda, fa fumo, ma alla fine si converte anch’esso in fiamma”.
Dopo qualche tempo, finalmente Don Orione arriva e l’incontro diventa consuetudine. “Man mano che i giorni passavano io andavo sempre più affezionandomi a Don Orione, tanto che avrei desiderato star sempre con lui, ascoltare la sua Messa, far da lui la Comunione, sentirlo predicare, far con lui tutte le altre pratiche di pietà, perché tutto in lui aiutava il raccoglimento, a meditare, a pregare”.
Cesare ritrova la passione di vivere; trascorre i suoi giorni con un impegno nuovo, umile e fiducioso. Ritrova la pace e persino quella giocondità serena che sembrava cancellata per sempre dal suo volto. “Un giorno ero con gli altri in ricreazione. Ed a mia insaputa capita Don Orione, mi viene alle spalle, sopra di esse appoggia i suoi avambracci, e con le sue mani mi chiude gli occhi. Io credendo che fosse un confratello desideroso di scherzare, presi la cosa in ridere, e, per meglio far ridere la compagnia, esclamai: ‘come potete che possa conoscervi, se mi tenete chiusi gli occhi con le vostre mani?’. Allora anche Don Orione sorrise benevolmente”. Come sono lontane le ore della disperazione per la vista perduta!


Qui di seguito il video di Don Gaetano Ceravolo, parroco del Santuario di Santa Rosalia al Monte Pallegrino di Palermo, che racconta la storia di Frate Ave Maria

 

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