Don Gino Bressan: una memoria “musicale”
Una testimonianza di Don Alessandro Belano
Il giorno 23 giugno 2015 nel Centro Don Orione di Monte Mario, in Roma, è deceduto, a 98 anni di età, Don Gino Bressan, una delle figure più rappresentative della nostra Congregazione. Fin da giovane chierico si distinse per le sue spiccate doti intellettuali. Per sua stessa testimonianza, un giorno Don Orione lo incontrò mentre teneva tra le mani un testo in greco. Don Orione osservò il libro e poi gli disse: «Capisci ciò che vi è scritto?». Alla risposta affermativa, il Fondatore continuò: «Ti metterò a insegnare greco!». E così fu: a 18 anni il chierico Gino Bressan insegnava italiano e greco ai compagni di liceo.
Ordinato sacerdote, frequentò i corsi alla Pontificia Università Gregoriana, assieme al piccolo gruppo di Confratelli inviati dallo stesso Don Orione. Qui avvenne il seguente episodio. Una mattina l’insegnante di lettere classiche dette agli alunni il compito di tradurre in italiano un difficile brano in greco. Poi si mise in cattedra per seguire lo svolgimento regolare della prova. Dopo circa dieci minuti fu sorpreso nel vedere Don Gino venire verso di lui, con in mano un foglio. Lo riprese a voce alta, dicendogli di non scoraggiarsi alle prime difficoltà e invitandolo a ritornare al posto e a sforzarsi di tradurre almeno qualche riga. Don Gino gli rispose candidamente: «Ma io l’ho già finito tutto!». Non soltanto aveva correttamente tradotto il testo, ma lo aveva tradotto in latino!
Completati gli studi alla Gregoriana si licenziò in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico (1941-1944) e per i successivi 55 anni, ininterrottamente, insegnò scienze bibliche in vari Istituti teologici di Tortona e Roma, formando migliaia di alunni. Fu estimatore del bello in qualunque sua espressione, appassionato intenditore di arte romana e archeologia biblica e guida apprezzata di numerosi pellegrinaggi in Terra Santa, Egitto, Grecia, Turchia, Russia. La sua passione era, tuttavia, la musica classica. Considerava la musica come la più alta espressione dello spirito umano, più ancora della poesia e delle arti figurative. Con una suggestiva metafora, definiva la musica «Il respiro dell’anima».
Al riguardo, vorrei sinteticamente tracciare una breve memoria “musicale” di Don Gino, rievocandone la figura come doveroso omaggio di riconoscenza. Faccio subito presente che egli riceveva mensilmente e con grande entusiasmo la rivista musicale Amadeus e ritengo si trattasse del più anziano tra gli abbonati e, forse, fra tutti i lettori.
Pur non avendo compiuti studi formali sapeva leggere la musica e in varie occasioni aveva diretto dei cori. Una mattina andai a fargli visita mentre nell’Istituto era in corso una interruzione di energia elettrica. Lo trovai seduto al tavolo, con in mano alcuni fogli. Gli chiesi cosa stesse facendo. Mi rispose: «Sto ascoltando – usò proprio questo verbo – una messa a quattro voci di Palestrina!». Alla mia stupita reazione, aggiunse: «Per me è sufficiente apprezzare una composizione leggendola su una partitura musicale».
Era un profondo conoscitore della Musica, senza aggettivi, poiché, come era solito dire, di musica ne esiste una sola, quella classica, appunto. In particolare si era specializzato nella musica polifonica sacra rinascimentale. Nel 1994 intervenne al Convegno internazionale di studi palestriniani inviando una pregevole e acuta relazione («A proposito di alcune esecuzioni integrali del Cantico dei Cantici palestriniano»), pubblicata nel 2006 negli Atti del Convegno.
Possedeva una selezionatissima collezione di tutto rispetto, formata da più di 6000 pezzi tra CD, LP, musicassette e nastri. Ogni settimana mi faceva ascoltare le composizioni che riteneva più belle e importanti. Si meravigliava della mia riluttanza per le incisioni monofoniche, aggiungendo che un capolavoro si può apprezzare anche «con un orecchio solo».
Nel corso della sua lunga esistenza aveva conosciuto di persona, tra gli altri, i compositori Lorenzo Perosi, Licinio Refice, Domenico Bartolucci e, recentemente, Arturo Sacchetti. Un giorno, giovane ventenne, Don Gino incontrò in una biblioteca romana il grande musicologo Raffaele Casimiri, curatore dell’Opera omnia di Palestrina. Si fece coraggio, si presentò e fece osservare al Maestro la presenza di alcune note errate in una messa stampata di Palestrina. Casimiri gli rispose: «Anche lei, così giovane, si interessa dei nostri vecchi?». Poi lo invitò a casa, per verificare de visu, con l’aiuto dei manoscritti, quanto egli aveva detto. Si meravigliò nel constatare la fondatezza di tale osservazione e lodò Don Gino per la sua cultura e perspicacia musicale.
Don Bressan era convinto che, per capire e apprezzare un capolavoro musicale, non basta l’arte del compositore, poiché è inevitabilmente necessaria la capacità del direttore e, per quanto riguarda le incisioni registrate, la corretta ripresa sonora. Aggiungeva che molte composizioni di valore di sua conoscenza sono inascoltabili a causa della pessima interpretazione dei direttori. Una conferma a quanto, un giorno, lessi a proposito di un aforisma di Berlioz: «Compositori infelici! Imparate voi stessi a dirigere, perché sono i direttori gli interpreti più pericolosi!» (Hector Berlioz).
Ogni giorno ascoltava in camera qualche composizione musicale e ogni giorno, a tavola (mangiava davanti a me), il discorso cadeva inevitabilmente su qualche particolare relativo alla musica. Talvolta scherzavamo, improvvisando gare musicali, del tipo: «Quale concerto per pianoforte inizia con un colpo di frusta?». «Chi ha scritto la sinfonia Antartica?». «A quanti voci è il mottetto Spem in alium di Thomas Tallis?». Vinceva sempre lui. Possedeva una cultura musicale impressionante, sostenuta da una prodigiosa memoria, al punto da indicare non soltanto i titoli delle composizioni e il numero di opera, ma addirittura la tonalità e, all’occorrenza, perfino i movimenti o i tempi.
Pur definendo Wolfgang Amadeus Mozart «la musica», riteneva Giovanni Pierluigi da Palestrina il più grande compositore di tutti i tempi, seguito, nell’ordine, da Johann Sebastian Bach e Ludwig van Beethoven. Nel corso di una delle nostre tante conversazioni, gli chiesi quale composizione ritenesse la più bella e importante in assoluto. Mi rispose: «I ventinove mottetti del Cantico dei Cantici di Palestrina e, subito dopo, la Messa in si minore di Bach e la quinta sinfonia di Beethoven».
Pur conoscendola, non era entusiasta della musica classica contemporanea, priva di melodia e contrappunto. Affermava che ogni bravo alunno del conservatorio sarebbe in grado di comporre tale genere di musica. In ambito polifonico, dopo l’irraggiungibile Palestrina, riteneva grandissimi Tomás Luis de Victoria e Orlando di Lasso. Grande stima aveva anche per gli inglesi Thomas Tallis, William Byrd e John Taverner e per il franco-fiammingo Josquin Desprez, autore, secondo lui, del Miserere più bello. A suo giudizio, una delle attuali cause del declino della musica classica è dovuta all’abbandono del Gregoriano, poiché, sottolineava, nel Gregoriano vi sono i semi di tutta la musica.
Ecco altre sue preferenze circa gli interpreti. Tra i direttori d’orchestra: Carlos Kleiber, Wilhelm Furtwängler, Arturo Toscanini e, tra i più recenti, Leonard Bernstein. Di Herbert von Karajan affermava: «Sì, ma non più di tanto». Tra i pianisti: Sviatoslav Richter, Gyorgy Cziffra e Arturo Benedetti Michelangeli. Tra i violinisti: David Oistrach, Itzhak Perlman e Gidon Kremer.
In ambito di polifonia rinascimentale (la sua specializzazione) non era molto entusiasta delle esecuzioni cosiddette “filologiche”, oggi di gran moda «per motivi commerciali», aggiungeva. Secondo Don Gino tale interpretazione, pur permettendo di seguire con più facilità l’intreccio delle voci, è asettica, “robotica” e soprattutto non corrispondente alla storia. A suo giudizio, il coro ideale per le composizioni polifoniche dovrebbe essere costituito da 15-20 elementi, con la parte del cantus affidata alle voci bianche e quella dell’altus a tenori acuti. In tal senso, tra i moderni cori privilegiava quelli inglesi (Westminster Cathedral Choir, Westminster Abbey Choir, Trinity College Choir, ecc.).
Fino al termine dei suoi giorni rimase lucido e vivace intellettualmente, ricco di interessi e interessante nella conversazione. Facendogli visita in data 17 maggio 2015, solennità dell’Ascensione di Gesù, iniziai a cantargli le prime note del Kyrie tratto dalla messa Viri Galilaei, scritta da Palestrina per tale occasione liturgica. Mi interruppe quasi subito, canticchiando, a sua volta, l’inizio della messa O Rex gloriae, anch’essa scritta da Palestrina per la festa dell’Ascensione e ritenuta da Don Gino superiore all’altra!
Adesso, al termine del suo lungo pellegrinaggio terreno, il nostro Don Gino Bressan è tornato nella casa del Padre. Dopo aver ascoltato per tanti anni la musica della terra, sta ascoltando, ancora più felice, quella eterna del cielo. Riposi in pace.